Moby dick
Chiamatela recensione, o articolo, o perfino riassunto: come volete. Moby Dick è il capolavoro di Herman Melville, ritenuto uno dei più grandi romanzi americani da più o meno tutti quelli che hanno avuto il coraggio di leggerlo. Siccome è un libro che spesso si deve leggere, ho pensato di dividere la recensione in due parti distinte:
Recensione, questa recensione, con le mie considerazioni
Riassunto, riassunto della storia, elenco dei personaggi, simbologia e qualche riflessione “accademica”.
Moby dick è una storia vera
Insomma, più o meno. Secondo molti il romanzo si ispira in parte ad una storia di cronaca vera: una nave baleniera, la Essex, attaccata e affondata da un enorme capodoglio.
Ma lo stesso Melville, per conto di Ismaele, ci racconta i miti e leggende di questa balena bianca, figura mistica, che appare nelle storie dei marinai balenieri. Lo stesso Melville deve aver sentito con le sue orecchie queste storie, nei suoi viaggi continui della giovinezza. Melville si arruola come baleniere nel 1841, dieci anni prima di scrivere Moby Dick. Tutta la sua esperienza da viaggiatore è presente in questo libro, si capisce subito che Melville è un uomo di mare, un marinaio provetto, che nel tempo è riuscito a mantenere una sensibilità e una dolcezza atipica per un marinaio.
Lo stile e il genere
Moby Dick è stato definito da Harold Bloom una poesia in prosa in stile shakespeariano: un esempio è il finale-monologo del capitano Acab[1] o, nel capitolo quaranta, dove il testo è praticamente una sceneggiatura e i diversi attori sono i membri dell’equipaggio. E questa impressione di essere in un teatro l’ho sentita molto, durante la lettura. Anche perché molti capitoli hanno una piccola introduzione che cita il luogo dove si svolgerà il capitolo e quello che stanno facendo i personaggi, come fosse appunto una sceneggiatura.
Il libro è un’epica sulle gesta di vendetta del capitano Acab, ma anche un saggio sulla baleneria e sull’animo umano. Allora qui iniziamo a capire la grandezza dell’opera di Melville. Una fusione coerente di generi diversissimi, preludio della modernità. Melville non si lascia confinato in un genere. Potrebbe raccontare solamente della caccia e di Acab, delle avventure per i mari di un gruppo di marinai scalmanati, magari avrebbe fatto più successo nel suo tempo, eppure sceglie di esprimere tutto il suo essere in questo libro. Riversa in esso tutto se stesso, la sua conoscenza e la sua anima. Ed è un libro grosso, pesante, che dopo un capitolo intero sul perché il bianco è un colore importante, ci chiediamo “ma servono davvero tutte queste informazioni?” Mi ricorda un certo David Foster Wallace, le cui note nel testo suscitano la stessa domanda. Ed ecco Melville, scrittore dell’ottocento, confrontato con Wallace, uno tra i più importanti autori contemporanei. Se questa non è grandezza, Moby Dick non parla di balene.
È un libro LGBTQI+ friendly
A volte guardare un classico in ottica moderna è divertente, ed effettivamente Moby Dick si presta molto a questo gioco. Melville dedica tutto il libro al suo amico Nathaniel Hawthorne, al quale scriveva frequentemente lettere di questo tipo:
Il tuo cuore batteva nelle mie costole e il mio nelle tue, e entrambi in quello di Dio… È una sensazione strana — nessuna speranza è in essa, nessuna disperazione. Contentezza — ecco cosa è; e irresponsabilità; ma senza inclinazione licenziosa. Parlo ora del mio senso più profondo dell’essere, non di un sentimento incidentale. Da dove vieni, Hawthorne? Con quale diritto bevi dal mio calice di vita? E quando lo avvicino alle mie labbra — ecco, sono le tue e non le mie. Sento che la divinità è spezzata come il pane durante l’Ultima Cena, e che noi siamo i pezzi.” [Lettera di Melville a Hawthorne, fonte: The marginalian]
Solo io inizio ad avere caldo, qua?
Ma questi sono solo pettegolezzi tra scrittori.
Uno dei passaggi che più si usa per avvalorare questa tesi dell’omosessualità lo troviamo nel capitolo “Un amico del cuore” nel quale Ismaele e Queequeg, dopo aver già dormito insieme una volta, sono costretti a dormire insieme una seconda volta. Nel letto iniziano a chiacchierare e Ismaele gli prende le testa e dice che sono sposati. Cosa che nella sua cultura significa che sono grandi amici. Il capitolo finisce con: “e così quella volta, nella luna di miele dei nostri cuori, giacemmo io e Queequeg, coppia assettata e amorosa.”
Ancora, altri vedono un’orgia omosessuale nel capitolo novantaquattro, uno dei miei preferiti, dove c’è questo passaggio:
Spremere! spremere! spremere! per tutta la mattina: spremetti quello spermaceti, finché mi prese una strana sorta d’insania e mi accorsi di spremere inconsciamente in esso le mani dei colleghi scambiandole per i globuli leggeri. Un così traboccante, affettuoso, amichevole e appassionato sentimento sorgeva da quest’occupazione che, alla fine, io spremevo loro continuamente le mani e li guardavo negli occhi commosso, quasi a dire: «Oh! miei diletti compagni di vita, perché continueremo ancora a nutrire rancori sociali o a sentire il più leggero malumore di invidia? Su, spremiamoci le mani in circolo e anzi, spremiamoci l’uno nell’altro: spremiamoci universalmente nel latte e spermaceti del buon volere.”
Quando ho letto questo capitolo mi sono commosso. Non per la parte omoerotica, ma per la dolcezza che Ismaele sta provando in quel momento. Egli è un marinaio, insieme ad altri marinai burberi e stanchi, sta facendo un lavoro che – mi sembra – non sia il più carino del mondo. Eppure, su una nave sperduta in mezzo al mare, trova il momento di amare il prossimo, di essere commosso dal semplice “vivere”.
Non ci sono modi per capire se Ismaele sia davvero omosessuale, e non ci dovrebbe neanche interessare. Come se amare il prossimo, essere commosso dal tocco dell’altro e voler amare un altro essere umano sia intrinsecamente omosessuale perché fatto tra uomini. Dovremmo semplicemente essere colpiti dalla sua sensibilità e dal suo spirito gentile così forte, da non farsi abbattere neanche in una situazione considerata da molti terribile.Per chi è questo libro?
Se hai sognato, almeno una volta, di partire su una nave e non tornare mai più, allora leggi Moby Dick. Se ti piace la grande narrativa, se ti piace Shakespeare dal sapore piratesco, unito all’epica, leggi Moby Dick. Se, invece, lo devi leggere perché è importante, pensaci bene. Alla fine del gioco, Moby Dick parla di balene e di baleneria. Possiamo trovarci tutti i simbolismi che vogliamo. Possiamo scrivere saggi interi sul significato di Moby Dick che rappresenta Dio e Acab è il primo uberman che cerca di uccidere Dio, finché non ci riuscirà Nietzsche.
Possiamo trascorrere ore a parlare dei significati dei nomi religiosi del testo[3], ma alla fine è un libro che per il novanta percento è un saggio sulle balene, e va affrontato con quest’animo, altrimenti si corre il rischio di non apprezzarlo. Poi, quando ci saremo convinti a leggere un saggio sulle balene, scopriremo uno dei più grandi romanzi mai scritti: “I Came Looking For Copper (le balene) And I Found Gold (una poesia in prosa in stile shakespeariano)”.
Voto
Note a pié pagina
[1] Riporto in inglese per far sentire le sonorità shakespeariane: “I turn my body from the sun. What ho, Tashtego! let me hear thy hammer. Oh! ye three unsurrendered spires of mine; thou uncracked keel; and only god-bullied hull; thou firm deck, and haughty helm, and Pole-pointed prow,—death-glorious ship! must ye then perish, and without me? Am I cut off from the last fond pride of meanest shipwrecked captains? Oh, lonely death on lonely life! Oh, now I feel my topmost greatness lies in my topmost grief. Ho, ho! from all your furthest bounds, pour ye now in, ye bold billows of my whole foregone life, and top this one piled comber of my death! Towards thee I roll, thou all-destroying but unconquering whale; to the last, I grapple with thee; from hell’s heart I stab at thee; for hate’s sake I spit my last breath at thee. Sink all coffins and all hearses to one common pool! and since neither can be mine, let me then tow to pieces, while still chasing thee, though tied to thee, thou damned whale! THUS, I give up the spear!” – Monologo finale di Acab, capitolo: “La caccia, terza giornata”.
[2] Pagina 121 della traduzione di pavese, il capitolo è “un amico del cuore”.
[3] Vedi Moby dick – riassunto
Ringraziamo ancora una volta Sal per aver scritto questa splendida recensione. Se vuoi leggere altro, tra i suoi articoli abbiamo le recensioni di Rumore Bianco, Una cosa divertente che non farò mai più e il grande classico di Anna Karenina.