Moby dick – Riassunto, simbolismo, commenti

La storia di Moby Dick inizia con una frase che è da sola un capolavoro: “Chiamatemi Ismaele1. Una di quelle frasi che cito quasi una volta a settimana. Il resto del capitolo non è affatto da meno: 

Quindi, Ismaele, non avendo niente di meglio da fare, decide di andare a caccia di balene. Poteva comprare un cruciverba e invece si reca a Nantucket, Massachusetts, la capitale del suo tempo per la caccia alle balene. Sarebbe per noi come andare a Los Angeles perché vogliamo diventare attori. Nel viaggio per Nantucket, a New Bedford, incontra un giovane “cannibale” chiamato Queequeg. Questi è un polinesiano, figlio del re della sua isola. Rinuncia a una vita agiata come principe e successivamente re, per conoscere il mondo. È una delle figure più importanti del romanzo e Melville la usa spesso per sottolineare la tolleranza e la comprensione tra persone di diverse culture e background2

Nei capitoli successivi Ismaele incontra il Capitano Peleg e il Capitano Bilad, vecchi balenieri in pensione, proprietari della nave Pequod. Dopo qualche contrattazione, riesce a far assumere se stesso e Queequeg nella spedizione baleniera per una frazione del “bottino” raccolto. Qui veniamo a sapere il nome del vero capitano della nave, colui che sarà il re della nave in mare: Il capitano Acab3

C’è qui un personaggio spesso dimenticato, che secondo me è essenziale: Elia4. Questi è un vecchio marinaio mezzo pazzo. Elia li avvisa che, se si imbarcheranno nel Pequod, ci sarà per loro una grande sventura. Ma, nonostante gli insistenti avvertimenti di Elia, i due si imbarcheranno lo stesso per solcare i flutti, direbbe Melville. 
Una volta partiti, Acab non si fa vedere. Resta tutto il giorno in coperta, senza mai interagire con l’equipaggio. Così per la prima parte del viaggio la nave è gestita da i tre ufficiali: Starbuck5, primo ufficiale, uomo accorto e ligio al dovere; Stubb, secondo ufficiale, fumatore di pipa, uomo allegro e senza timore; Flask, terzo ufficiale, intrepido baleniere, ma rozzo. Le cose sembrano andar lisce come olio di balena, finché Acab non esce dalla sua cabina. Qui scopriamo il suo vero obiettivo: la vendetta. La famosa balena bianca, Moby Dick, l’incubo dei balenieri, ha tranciato di netto la gamba al vecchio Acab. Questi è accecato dalla vendetta e riesce a pensare solo a quando catturerà la sua preda. In palio, per il primo che avvisterà la balena bianca, un doblone d’oro6 da sedici dollari. 

Il viaggio del Pequod: Caccia alle balena 

Dopo questa parte, sostanzialmente stanno in mare per tanto tempo. Inutile mentirsi. In questo tempo veniamo a conoscere veramente tanti dettagli sul modo di preparare l’olio di balena. Impariamo molti termini marinareschi e conosciamo più a fondo i personaggi. Veniamo anche a conoscenza degli effettivi pericoli della caccia alle balene, tant’è che uno dei personaggi, un certo Pip, impazzisce dopo un incidente in cui resta in mare per lungo tempo ed è salvato per puro caso. 

Oltrepassato il Pacifico, Queequeg ha una profonda malattia. Sta così male che sembra sia sul punto di morire. Lui, un personaggio che è sempre stato descritto forte e risoluto. Decide di farsi costruire una bara, ma ecco che appena ci si infila dentro e si mette comodo ritorna in ottima salute. Siccome in baleneria si cerca sempre di fare economia, la bara per Queequeg finisce per essere usata come gavitello (un gallegiante). 

L’equipaggio della Pequod si imbatte poi nella nave Rachele, mentre questa sta facendo gettare a mare il corpo di un marinaio ucciso da Moby Dick. Acab, sempre più pazzo di rabbia, sente che la balena è vicina e diventa febbricitante. Appare, tra questi momenti molto tesi, Fedallah, un personaggio misterioso che è definito come la parte oscura del capitano Acab. Come se fino a quel momento il capitano Acab fosse stato un pasticcino. 

Il finale: ancora balene. 

I capitoli finali sono molto densi e poetici. Finalmente la balena bianca viene avvistata, ma da Acab. Nessuno è degno del doblone d’oro. Gli ultimi tre capitoli sono il culmine epico del romanzo. La battaglia è estenuante e dura tre giorni7. Ogni giorno, Acab osa un poco di più, si avvicina alla balena e tenta di arpionarla senza mai riuscirci. L’ultimo giorno tenta il tutto per tutto e, noncurante della sua vita, riesce ad arpionare la balena. La corda dell’arpione gli si impiglia al collo. Così, quando Moby Dick si lancia nell’oceano ferita e impazzita dal dolore, lui la segue8
Nel frattempo la Pequod è stata gravemente danneggiata e cola a picco, uccidendo tutti i marinai a bordo. Solo un uomo si salva, quello che si fa chiamare Ismaele. Si aggrappa miracolosamente al gavitello-bara e riesce a sfuggire alla morte grazie all’intervento della nave Rachele9

Nell’epilogo Ismaele riflette sulla natura umana, sul destino, sulla mortalità e sull’inesorabile scorrere del tempo. Queste riflessioni possono essere interpretate in chiave filosofica, con temi quali la lotta tra il bene e il male, la ricerca di significato nella vita, e la fragilità e la transitorietà dell’esistenza umana. Ad esempio, il narratore discute dell’impermanenza della gloria umana, citando l’antico re persiano Ciro e la sua fine tragica nonostante la sua grandezza. Questo può essere interpretato come un commento sulla vanità e sull’effimero della grandezza umana, suggerendo un senso di umiltà di fronte all’eternità e alla grandezza della natura. Inoltre, l’epilogo si conclude con una meditazione sul mare e la sua essenza misteriosa e infinita, che può essere interpretata in vari modi, inclusi aspetti metafisici e filosofici. 

I personaggi di Moby Dick

Vi riporto qui alcuni dei personaggi con un grande background simbolico, molto utile se si cerca di scrivere un testo scolastico. I simboli ovviamente non sono unici, il romanzo è troppo grande per essere riassunto in una lista a punti. Prendetela come uno spunto di riflessione sul testo, utile per tenere a mente tutto il romanzo. 

  • Ismaele: Il narratore del romanzo, può rappresentare l’umanità comune, il senso di avventura e la ricerca di significato nella vita. 
  • Queequeg: Un marinaio polinesiano e amico di Ismaele, può simboleggiare la tolleranza, la diversità culturale e l’amicizia oltre le barriere culturali. 
  • Capitano Achab: Il capitano della Pequod, ossessionato dalla vendetta contro Moby Dick, può rappresentare l’ossessione, la follia e la lotta contro le forze oscure dell’universo. 
  • Starbuck: Il primo ufficiale della Pequod, caratterizzato dalla sua razionalità, può simboleggiare la moralità e la resistenza alla follia di Achab. 
  • Stubb: Il secondo ufficiale della Pequod, con il suo umorismo e la sua loquace gioiosità, può rappresentare la spensieratezza e l’accettazione della vita nonostante le avversità. 
  • Flask: Il terzo ufficiale della Pequod, con la sua forza bruta e determinazione, può simboleggiare la forza e la determinazione. 
  • Fedallah: Un personaggio misterioso associato ad Achab, può essere interpretato come una sorta di angelo oscuro o guida spirituale per il capitano. 
  • Pip: Il giovane marinaio afroamericano della Pequod, che impazzisce dopo essere stato lasciato in mare, può rappresentare la fragilità dell’umanità e la vulnerabilità di fronte alla follia e alla disperazione. 
  • Elia: Un vecchio marinaio pazzo che avverte Ismaele dei pericoli della spedizione sulla Pequod, può rappresentare la voce della ragione e dell’avvertimento. 
  • Moby Dick: La balena bianca, il principale antagonista del romanzo, può rappresentare la natura selvaggia, l’insensatezza della vendetta e la forza primordiale dell’universo. 
  • La Pequod: La nave baleniera che porta i personaggi attraverso il loro viaggio, può simboleggiare il destino e la ricerca di significato nell’esistenza umana. 
  • La caccia finale: il finale di “Moby Dick” può essere interpretato come un simbolo della fragilità dell’uomo di fronte alla potenza della natura e della ricerca di significato e redenzione nell’accettazione della propria mortalità e nell’umiltà di fronte all’immensità dell’universo, o qualcosa del genere insomma. 
    Se volete più spunti di riflessione, andate a leggere anche la recensione

Note

  1. Il nome Ismaele è antico, biblico, dall’ebraico “Yishma’el” (ישמעאל), che significa “Dio ha ascoltato”. Ismaele è il figlio bastardo di Abramo, generato dalla schiava egizia Agar. Quando poi Abramo e Sara avranno un figlio legittimo, Agar e Ismaele vengono spediti nel deserto senz’acqua. Verranno salvati proprio da Dio in persona che li guiderà ad una fonte d’acqua pura, proprio come il nostro Ismaele del libro è guidato da Dio a imbarcarsi per mare.  ↩︎
  2. Alcuni vedono nella relazione tra Ismaele e Queequeg un amore omosessuale. Suggerito dal fatto che appena si conoscono sono costretti a dormire nello stesso letto e che Ismaele si sveglia con Queequeg che lo sta abbracciando. Di questo parlo approfonditamente nella recensione di Moby Dick. ↩︎
  3. Il nome di Acab appare nella bibbia: è ricordato come un re che si allontanò dai comandamenti di Dio e che favorì l’idolatria (che il falso idolo sia la balena?), portando il suo regno alla rovina morale e spirituale. Il suo nome, quindi, è spesso associato a immagini di corruzione e apostasia (ovvero l’allontanarsi dal credo religioso).  ↩︎
  4. Il nome di Elia è associato ancora alla bibbia: Elia compare per la prima volta nel primo libro dei Re durante il regno di Acab, re d’Israele. Viene presentato come un profeta di Dio che ha un ministero straordinario e miracoloso. Elia profetizza una lunga e devastante siccità come giudizio divino contro Israele a causa della loro idolatria e disubbidienza.  ↩︎
  5. Una leggenda narra che la famosa catena di caffè Starbucks debba il suo nome proprio a questo personaggio. Ma se volete saperne di più, ecco un link dove viene spiegato in dettaglio: Wired- Le leggende legate a Starbucks↩︎
  6. Un magnifico articolo sul doblone e una sua attenta analisi: Il doblone di Moby Dick  ↩︎
  7. Il numero tre richiama forse la trinità, o forse i tre giorni dopo cui Cristo è resuscitato. Il tre è un numero fortemente legato alla simbologia cristiana, non è un caso che appare nella lotta finale.  ↩︎
  8. È chiara la simbologia con l’inferno e l’immergersi agli inferi.  ↩︎
  9. Ancora una volta troviamo un nome biblico. Rachele è moglie di Giacobbe, uno dei fondatori dell’ebraismo. Il nome Rachele deriva dall’ebraico רחל (Rachel) e significa “mite come una pecorella”, cioè “la mitezza di Dio”. Quindi, Ismaele, come nella bibbia, viene salvato dalla mitezza di Dio.  ↩︎

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