4 3 2 1 di Paul Auster

copertina del libro con i numeri 4321

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Paul Auster

Anni ’40, New York. In un breve prologo assistiamo a incontro, fidanzamento e matrimonio tra Stanley Ferguson e Rose Adler. Poi, il 3 marzo 1947, a Newark (New Jersey), viene al mondo Archibald Isaac Ferguson, e il romanzo di Paul Auster, che fino a quel momento era stato uno, si fa in quattro.

“Il mondo è pieno: può succedere tutto”

All’apparenza, 4 3 2 1 sembra una storia intenzionata ad esplorare il concetto di sliding doors, quelle porte che si aprono e chiudono nella vita di ognuno di noi e che talvolta ci ritroviamo ad evocare attraverso la fatidica domanda: cosa sarebbe successo se…?
Ogni capitolo presenta quattro varianti (1.1, 1.2, 1.3 e 1.4, poi 2.1, 2.2…) che sviluppano una delle possibili vite di Ferguson. A definire le traiettorie di ognuna di queste parabole sono differenze di piccola entità, come il quartiere di residenza e la vicinanza (o lontananza) di alcuni parenti. Discrepanze minime che però, nel tempo, si rivelano capaci di alterare e stravolgere un’intera esistenza.
Ecco allora che Ferguson si ritrova a crescere in una famiglia povera, o in una senza preoccupazioni economiche, o in una addirittura benestante. In un caso il rapporto tra i suoi genitori resiste impassibile alla prova del tempo, in un altro si incrina al punto da arrivare al divorzio e in un altro ancora non sapremo mai come sarebbe andata a finire, perché suo padre resta vittima di un incendio doloso. Una volta Ferguson è una giovane promessa del baseball, un’altra la gamba rotta in estate gli impedisce di scoprire per tempo quella passione. In quasi tutte le sue vite, Ferguson è esclusivamente etero: in una però, certe esperienze lo portano a scoprirsi bisessuale. E così via.
Quattro strade si aprono davanti a noi, quattro possibili esistenze per certi versi simili ma mai identiche, con un solo ed unico punto di riferimento costante: Ferguson stesso.

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Nonostante la premessa allettante dei bivi infiniti, con il procedere della lettura la spinta pian piano si esaurisce: tutto il fascino che un simile concetto è in grado di esercitare viene meno. Ma perché? La chiave per comprendere questa direzione la si può trovare all’interno del romanzo stesso. In
un passaggio in cui un professore indaga le preferenze letterarie di Ferguson, Paul Auster rivela attraverso il suo protagonista di essere attratto dallo stile di Heinrich von Kleist: “Per la velocità delle frasi, la propulsione. Racconta tanto ma dice poco, che poi sarebbe proprio la maniera sbagliata di procedere, ma a me piace il ritmo incalzante che hanno le sue storie. Sono intricatissime ma allo stesso tempo sembra di leggere una fiaba.”
Ecco, anche Paul Auster “racconta tanto e dice poco”. Per ogni possibile sentiero, ci fornisce dettagli su dettagli su dettagli… Ci sentiamo travolti dalle singole complessità di queste vite così diverse tra loro, disorientati da tutte queste specificità irrilevanti. Irrilevanti, sì, perché in fin dei conti più si va avanti e più queste ci scorrono addosso lasciandoci indifferenti.
Ma Auster, ormai è chiaro, non vuole farci naufragare in un mare di possibilità infinite. All’imprevedibilità spiazzante del Caso antepone un punto di riferimento stabile e affidabile, una contromisura, un porto sicuro: ancora una volta, Ferguson.

Ferguson

In tutte le sue vite, Ferguson nutre una passione per lo sport (a volte più il baseball, a volte più il basket), ma finirà sempre per dedicarsi a tempo pieno – sebbene con inclinazioni diverse – alla scrittura.
In tutte le sue vite, Ferguson stringe un legame speciale con Amy Schneiderman. Un rapporto significativo – a volte amoroso, a volte d’amicizia – che a volte dura e a volte, invece, si esaurisce.
In tutte le sue vite, Ferguson vive sulla sua pelle i disagi della storia americana degli anni ’50 e ‘60 (gli assassinii di John Fitzgerald Kennedy e Martin Luther King, la guerra del Vietnam, i
movimenti studenteschi), che alterano e rendono irriconoscibile il tessuto della sua realtà sociale, gettandolo così nell’incertezza più totale. In tutte le sue vite, Ferguson è “il giovane Ferguson” di New York: un ragazzo che, come il coetaneo Holden, è alle prese con i drammi adolescenziali, con i primi amori, con il rapporto con i genitori (diversissimi tra loro), con la ricerca della propria identità, con il diventare grandi in una città, un mondo troppo più grande di lui. In tutte le sue vite, per quanto sia facile smarrirsi, Ferguson è sempre Ferguson. Lui si riconosce e noi riconosciamo lui, nonostante tutto. Il resto conta poco, davvero.

“Riuscire a viverci”

Dovreste leggere questo romanzo? Sì, nonostante le 900 e passa pagine e la sensazione di non star andando da nessuna parte. Nonostante non sia quel trionfo degli infiniti sentieri della vita che può sembrare a prima vista.
No, 4 3 2 1 è qualcos’altro. Una celebrazione, forse, di quell’assurda fase della vita che ci vede cambiare, cambiare, cambiare… crescere.
Poi un giorno ci svegliamo e, chissà come, siamo diventati adulti.

Voto

4/5

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Questa recensione è stata scritta da Davide, dai uno sguargo qui per leggere altri contenuti!

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