Gli indifferenti
Introduzione
Gli indifferenti è il romanzo d’esordio di un giovanissimo Alberto Moravia (1907-1990), pubblicato in Italia nel 1929 da Edizioni Alpes, a spese dell’autore. Alberto Moravia inizia a scrivere “Gli indifferenti” nel 1925, mentre si trova a Bressanone per curare una tubercolosi ossea che lo costringe a letto.
La trama de “Gli indifferenti”
Tolstoj avrebbe riassunto così la trama: “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo.”
Michele e Carla, fratello e sorella, entrambi vent’enni, vivono senza padre, con la madre Mariagrazia, in una villa borghese nel centro città. Sono stati una famiglia abbiente, amalgamati nel tessuto sociale dell’alta borghesia; ora si trovano indebitati fino al collo, tanto da dover vendere la loro villa a un losco individuo: Leo Meremuci, il quale è anche l’amante segreto di Mariagrazia.
Leo è la figura classica del capitalista imbruttito dal denaro: calvo, paonazzo, libidinoso; una specie di satiro coi soldi. La sua libidine vogliosa e la ricerca del voler sempre di più, tipica degli individui mai sazi di vita e soldi, lo portano a voler conquistare non solo la madre, ma anche la figlia Carla. Lei sta al gioco, ma senza veri sentimenti, quasi a voler sfidare la madre e la società per potersi sentire meno oppressa, o forse solo per combattere la noia. Ci dice:
Tutto doveva essere impuro, sudicio, basso, non doveva esserci né amore né simpatia, ma solamente un senso cupo di rovina.
In tutto questo trambusto di tradimenti e amori nascosti, c’è Michele: l’indifferente per eccellenza.
Uno che vorrebbe “solo essere un imbecille”, e non pensare a nulla. Questo ragazzo è conscio di essere un indifferente, il suo stato gli è chiarissimo, e nonostante la sua voglia di sincerità, finge continuamente:
Quando non si è sinceri bisogna fingere, a forza di fingere si finisce per credere, questo è il principio di ogni fede.
Lui è un attore, mosso non da vere passioni o sentimenti, ma da quello che crede sia giusto fare in una determinata situazione, quello che pensa sia normale, scenico, d’impatto. Alberto Moravia è del tutto conscio della teatralità di Michele: tutto è raccontato come fosse una commedia; ci descrive la scenografia — case borghesi o interni di macchine per lo più — e poi, come marionette, lascia interagire i personaggi con Michele lì, che decide sul momento che reazione avere, quasi per gioco, perché non gliene frega nulla.
La noia di vivere
Gli indifferenti è uno di quei libri che ti resta sullo stomaco, una volta finito: la storia è un ritratto troppo coerente del nostro tempo, della modernità che distrugge le certezze e ci rende insensibili a tutto. I giovani Carla e Michele, sono ormai dei fantocci, incapaci di prendere in mano la loro vita, di agire per i loro scopi.
Moravia scrive questo libro nel 1929, ormai il regime fascista è ufficiale da sette anni; e lui lo sa che sono stati proprio gli indifferenti, i silenziosi, a permettere la sua ascesa. Possiamo leggere di Leo come un Mussolini familiare, una forza esterna prorompente che si insidia nella casa di Michele senza permesso, con il fare spavaldo del bullo. E cosa fa Michele? Beh leggete il libro, ma io spero che abbiate indovinato che alla fine resta abbastanza indifferente.
Un altro grande tema del libro è ovviamente la famiglia, prendiamo un esempio di descrizione:
Sedettero tutti e tre (la madre e i due figli) nella fredda sala da pranzo, intorno alla tavola troppo grande; mangiarono senza guadarsi, con gesti gelidi e deferenti di sacerdoti celebranti un rito; non parlarono; questo silenzio appena interrotto dall’urto leggero dei cucchiai nelle scodelle, ricordava il rumore chirurgico, durante l’operazioni.
Nella scena io sento il rumore sfarfallante dei led d’ospedali; il bianco accecante di muri impersonali; li vedo in camice da operazione, seduti ad un tavolo enorme, a mangiare frattaglie con gelidi bisturi asettici. Tutto questo è evocato dalla sensazione di freddezza estrema in un momento che dovrebbe essere gioviale, la famiglia riunita a tavola per du’ spaghi. E c’hanno pure i domestici che cucinano e lavano al posto loro: chi li capisce i ricchi.
Questo è il mondo che ha lasciato la prima guerra mondiale, un mondo che si accinge alla modernità e ad una nuova guerra mondiale.
E chi permette che si facciano le guerre?
Moravia ce lo dice chiaro e tondo: state attenti agli indifferenti.
Conclusioni
Che dire, se vi piace la buona letteratura non potete sbagliare. Moravia è sempre una garanzia, sempre attuale e, se preso con un minimo di cervello, ci lascia anche tempo per riflettere.
Ho sentito alcune recensioni dire che fosse un po’ lento: io sono rimasto attaccato al libro tutto il tempo. La storia è un classico intreccio amoroso, un dramma ispirato alle storie d’amore tragiche di Tolstoj e Dostoevskij; chi è abituato ai libri pieni di avvenimenti magari ha questa percezione di “immobilità”, ma è esattamente quello che provano tutti i personaggi del libro, che se anche le cose succedono, alla fine è tutto uguale a prima: una schifezza.
Fatemi sapere nei commenti se l’avete letto e se vi è piaciuto!