L’Avversario – Emmanuel Carrère

L'avversario copertina

L’Avversario

Emmanuel Carrere
Nel 1993 Jean-Claude Romand uccide moglie, i suoi due figli, i genitori ed il loro cane. Prima di allora nessuno si era accorto che Jean-Claude non era chi diceva di essere, e non lo era da molti anni. Prima di allora la vita scorreva serena, senza che nessuno si facesse domande. Nel 1993 Jean-Claude Romand, divenuto l’avversario di se stesso, viene condannato all’ergastolo. Cosa nella sua vita sia stata una menzogna e cosa no probabilmente non lo sapremo mai, ma Carrère racconta magistralmente la vita di un uomo che non esiste.

Introduzione

È possibile mentire per tutta la propria vita? Mentire a genitori, amici, la propria moglie, i propri figli e alla propria amante? È possibile vivere in una menzogna per 18 anni? Jean-Claude Romand lo fa, prima di impazzire e uccidere tutti i propri cari. È solo grazie alla sensibilità di Carrère che possiamo immergerci in una storia tanto atroce quanto solitaria: L’avversario.

Aneddoti personali

Ho letto L’Avversario sotto consiglio di un cliente della libreria, me ne aveva parlato in un modo che mi ha conquistata. Aveva ragione. Lo ringrazio di cuore per avermi persuasa a leggerlo.
Carrère è sempre stato un autore di cui ho sentito parlare molto, lo stesso che ha scritto la biografia di Philiph Dick, ma che non avevo ancora mai affrontato. Sono felice di averlo fatto con questo libro.

Recensione

Jan-Claude Romand, bambino modello, cresciuto in una famiglia modesta, ma con qualche contraddizione. Ossessionato dal voler soddisfare le aspettative di chi aveva intorno, terrorizzato dal vedere la delusione nello sguardo di chi gli voleva bene. Così ha iniziato la sua discesa nella menzogna: bocciato ad un esame all’università di medicina non sopportava di dover dare questo dispiacere ai genitori. Caduto poi in depressione dopo il rifiuto del suo primo amore inizia a inventarsi situazioni assurde per ricevere attenzioni.
Una cosa tira l’altra e il sassolino diventa una valanga, così Jan-Claude si ritrova a fingere un impiego di ricercatore a Ginevra, con grandi responsabilità. Si ritrova sposato, con due figli, vive serenamente in un quartiere benestante, vicino al suo amico di università, diventato medico di base.
Carrère scambia diverse lettere con Jan-Claude, cerca di capire la sua storia, ma ancora di più i motivi che hanno mosso ogni suo passo. I vuoti solitari che hanno riempito la sua vita ogni giorno che avrebbe dovuto passare a lavoro, e invece passava in un parcheggio, le trasferte che avrebbe dovuto fare in giro per il mondo, quando invece alloggiava nel motel della città vicina, oppure andava a trovare la sua amante a Parigi.

Per tutto il tempo in cui Carrère racconta non esprime mai pareri, lascia che sia il lettore a farsi un’idea di cosa potrebbe essere vero e cosa no. Così come il profilo psicologico del protagonista. Viene da chiedersi se le sue bugie siano iniziate da piccolo, quando i suoi gli insegnavano che mentire era sbagliato, ma al contempo non si doveva deludere il prossimo. È stata questa forzatura che lo ha portato a vivere il grande conflitto che è sfociato nella depressione? Oppure è stata la depressione, il fatto di essere una persona invisibile, che lo ha portato a mentire per crearsi un personaggio che gli altri potessero ammirare?
Sicuramente mi ha colpito come nessuno si sia mai accorto di niente, nessuno era realmente partecipe della vita di Jan-Claude. Tutti vivono in superficie, di apparenze, senza mai indagare nell’animo di quest’uomo. Oppure è stato così bravo a mentire da non sollevare neanche una volta un sospetto.

Conclusioni

L’avversario è sicuramente un libro che consiglio di leggere, se siete affascinati dalla psicologia, dal funzionamento della mente umana. Raccontato molto bene, la penna di Carrère è fantastica e le pagine scorrono fin troppo velocemente.
Sicuramente è una storia che lascia molte domande, lascia spazio alla riflessione e anche all’approfondimento, per chi volesse.

Voto

5/5

Citazioni

Per capire che ci si trova davanti a un vicolo cieco non c’è bisogno di imboccarlo e spingersi fino alla prima curva. Non sostenere un esame e affermare di averlo passato non è un bluff audace, il rilancio azzardato di un giocatore, che può funzionare o no: il risultato in questo caso è uno solo, essere smascherati e cacciati dall’università coprendosi d’infamia e di ridicolo, le due cose al mondo che più lo spaventavano. Ma come poteva immaginare che esisteva un’ipotesi peggiore, quella di non essere smascherato, e che quella bugia puerile lo avrebbe portato diciott’anni dopo a massacrare i suoi genitori, Florence e i figli che ancora non aveva?

Di norma una bugia serve a nascondere una verità, magari qualcosa di vergognoso, ma reale. La sua non nascondeva nulla. Sotto il falso dottor Romand non c’era un vero Jean-Claude Romand.

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